Giorgio Vasari - Opera Omnia >>  Le vite de più eccellenti architetti, pittori et scultori




 

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M I C H E L O Z Z O    M I C H E L O Z Z I

Scultore et Architetto Fiorentino


Se ognuno che ci vive pensasse de le cose che fa, vederne pur finita una parte, sarebbono gli intelletti umani molto piú svegliati e providi che non sono nelle loro azzioni; e se e' credessino di avere a vivere quando non possono poi operare, non si condurrebbono una gran parte a mendicare nella lor vecchiezza, quello che senza rispiarmo alcuno consumarono in gioventú e negli altri tempi seguenti, quando i copiosi e larghi guadagni, accecando il vero discorso, gli facevano spendere oltra il bisogno e molto piú che non conveniva. Imperoché atteso quanto mal volentieri è visto chi da 'l molto è venuto a 'l poco, per non condursi a termine tale, frenerebbono piú gli appetiti, e matura e discretamente procederebbono ne' loro affari, come prudentissimamente fece Michelozzo fiorentino, discepolo di Donato. Costui conoscendo lo errore del maestro suo, che troppo le mani aperse a lo spendere di quello che in mano gli veniva, fu bonissimo conservatore e di maniera operò oltra la virtú sua con la prudenzia del governarsi, che non manco valse alla casa sua l'esser provido e nelle spese temperato, che il giudizio e l'arte che egli ebbe, che nella sua professione grandemente gli fecer luogo. |

Attese Michelozzo al disegno molto et alla scultura con Donato, e quella fece con bonissima destrezza, quantunque e' non desse alle cose sue quella somma grazia, che sogliono dare coloro che raramente operando son tenuti quasi divini. Fece dunque una Fede di marmo posta alla sepoltura di Papa Giovanni Coscia in San Giovanni di Fiorenza, della quale Donato gli fece il modello. E nella Nunziata, avendo contratto amicizia con Cosimo Vecchio de' Medici et avendo molto dato opera alla architettura, lavorò di marmo la cappella di essa Vergine; e di bronzo gettò un luminario che dinanzi a quella si vede, e la pila di marmo con un San Giovanni a sommo, e la Nostra Donna di mezzo rilievo sopra il desco delle candele. Laonde Cosimo, cresciutogli lo amore, da che cosí bene se ne serviva, gli fece fare il modello della casa sua; la quale condusse egli a la perfezzione che ne' dí nostri si può vedere. Nello esilio di Cosimo lo accompagnò a Vinegia, e lasciò in quella città molti modelli di suo. Ritornatosi poi a Fiorenza, bisognò nel palazzo della Signoria rimettere alcune colonne nel cortile, de le quali a infiniti volsero dar la cura, e dubitando che 'l palazzo per lo peso non ruinasse, nessun la volse mai. Laonde Michelozzo per volersi mostrare animoso et intendente, quelle con tanta agilità mise, che tale opera gli aggiunse gran fama al nome che aveva prima, di maniera che, riconosciuto dal publico, fu fatto di collegio. Fu chiamato dopo questo a Perugia a fare la cittadella vecchia; et a piú signori in Italia fece modelli di palazzi e di mura per città e ripari infiniti. Et in Fiorenza la casa di Giovanni Tornabuoni, in sul modello di quella de' Medici. Per Cosimo fece ancora di marmo la cappella di San Miniato, dove è il Crocifisso; e per Italia fece infinite cose di marmo, di bronzo e di legno. | A San Miniato al Tedesco egli e Donato insieme lavorarono alcune figure di rilievo; et in Lucca fece egli solo una sepoltura di marmo in San Martino, dirimpetto al Sacramento. A Genova mandò alcune figure, e di ogni sua fatica fece facultà onesta, che diè comodo alla casa sua non meno che fama et utile a se medesimo. Finalmente divenuto già vecchio, e non operando piú nulla se non per suo passatempo, fu assalito repentinamente da una febbre che in pochissimi dí gli tolse la vita, essendo pure di lxviii anni; et accompagnato da' suoi piú cari a la sepoltura, ebbe onorate esequie e grandissimo onore per le sustanzie ch'aveva lasciate.








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